Blog Dalia su Interviste
Pubblicato in data sabato, Dic 21

Arjuna Cecchetti. Il risveglio del nostro essere selvaggio

La trama

In un Paese come l’Italia, è ancora possibile vivere “selvaggiamente”?
Sara è una tredicenne ribelle. Sua madre è morta e suo padre è in prigione. Una notte Sara vede i fari di un’automobile risalire lungo la strada sterrata, poi compare il punto rosso di un fuoco. Sara imbraccia il fucile ed esce di casa.
Poco dopo ha sparato ai ‘fessi’ che tenevano prigioniere due ragazze, per il riscatto, per abusarne o forse solo per errore.
Inizia così la sua lunga fuga che diventerà un viaggio solitario, a tratti disperato, verso l’unico luogo che forse le appartiene.
Il romanzo è un’avventura nella natura dell’Appennino, che Sara conosce come le sue tasche: non c’è pianta che non abbia già visto o utilizzato, animale che non riesca a cacciare, riparo che non sappia improvvisare.
Un viaggio epico, un romanzo sulla possibilità di vivere in simbiosi con la natura, di accettarne le leggi, di abbandonare la società, almeno il tempo necessario a ritrovare sé stessi.
Ci vuole coraggio: “Non pensarci due volte”.

“Non pensarci due volte” il romanzo di Arjuna Cecchetti

L’intervista all’autore

Sara, una ragazzina di tredici anni, imbraccia il fucile ed esce di casa. Poco dopo ha sparato ai “fessi” che tenevano prigioniere due ragazze. La conoscenza della protagonista di questa storia ci spiazza immediatamente. Chi è Sara?

Arjuna Cecchetti: Ad esser sinceri Sara ha spiazzato anche me, una notte è entrata all’improvviso nella mia testa di autore e dal giorno dopo non ho potuto far altro che scrivere la storia del suo epico viaggio. Sara contiene molte cose come ognuno di noi, ma potrebbe essere più efficace dire ciò che non è. Sara non è la compagna di classe che vorremmo per i nostri figli né qualcuno che vorremmo vicino nella nostra esistenza, eppure da un certo punto di vista Sara è la persona che potrebbe riempire la vita di ciascuno di noi ogni giorno ed è forse per questo che apparentemente sembra tanto difficile starle accanto. Quindi, sì, Sara è una ragazzina difficile, impertinente, che si muove sul filo della normalità senza riuscirci, e forse per queste ragioni è un’ottima rappresentante dei giovani che oggi crescono nei borghi dell’Appennino.

Arjuna Cecchetti
Arjuna Cecchetti

Dopo aver sparato, Sara inizia la sua lunga fuga. Una ragazzina, da sola, di giorno e di notte sugli Appennini. Quali sono le prove più dure che si troverà ad affrontare?

Un bosco di notte ovviamente fa pensare a ciò che è ignoto, al freddo, agli insetti striscianti, ai cinghiali, alle zecche. Ma in realtà la prova più dura che Sara dovrà affrontare nel suo viaggio a me pare sia il restare in equilibrio. Come fosse un funambolo Sara deve camminare in equilibrio su di un filo sottilissimo, un filo di seta di ragno che corre attraverso la dorsale appenninica dell’Italia centrale. Un passo falso e sarà un salto nel vuoto, nell’abisso, nel burrone sia fisico che psicologico. Restare in viaggio il più a lungo possibile senza cadere mai, questa è la prova più difficile.

La solitudine e la Natura

Come riesce a cavarsela?

In realtà Sara riesce a cavarsela perché è un’adolescente, potrebbe sembrare assurdo, ma come Huckleberry Finn lungo il Mississipi anche Sara appare troppo piccola per un’avventura lungo gli Appennini, ma è proprio la giovane età che le viene incontro e l’aiuta. Non penso solo alle incredibili energie che si hanno a tredici anni, penso all’incoscienza, alla assurda forza di volontà di fare cose anche se non se ne capisce il senso e la logica. A me è sembrato, come autore, che Sara potesse riuscire a cavarsela soprattutto facendo affidamento a questo miscuglio di qualità e difetti che forse sono il tratto tipico di quell’età. E poi Sara ha una sorta di talento per la sopravvivenza, non è una sprovveduta, ha avuto ottimi maestri come il padre e la nonna materna.

Possiamo dire che l’altra protagonista di questa storia è la Natura, in particolare la natura degli Appenini?

Quando questa storia mi è entrata in testa, vi erano solo due protagoniste: Sara e la Natura. Il resto sarebbe inevitabilmente venuto dopo. Perché questa è la storia di una ragazzina e della Natura e di come riescono ad andare d’accordo. Da archeologo preistorico non dimentico mai che l’uomo ha convissuto con la Natura per millenni, apparentemente senza mai stravolgere né l’ambiente circostante né le proprie strategie di sopravvivenza. La Natura degli Appennini è meno conosciuta, talvolta meno glamour della natura dell’arco alpino, per esempio, eppure la Natura appenninica è fra i territori italiani uno dei più selvaggi, la nostra dorsale è sempre stata popolata dall’orso, ad esempio, e anche dai lupi che non se ne sono mai andati del tutto. Invece sappiamo quanto sia i lupi e soprattutto gli orsi abbiano difficoltà nel muoversi liberamente nelle Alpi. Ma mi ripeto, l’ecocidio è sempre in agguato.

La Natura selvaggia degli Appennini

Quali luoghi può riconoscere il lettore, magari amante della montagna, che segue il viaggio di Sara?

La mappa del viaggio di Sara è una mappa in incognito, ma i luoghi sono tutti veri e disseminati fra l’appennino Umbro-Marchigiano e quello Tosco-Emiliano. Fra i territori attraversati ce ne è uno però che non dovrebbe essere difficile riconoscere ed è il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Quando la storia è stata scritta non vi era stato ancora il terribile sisma del 2016, vi erano stati altri eventi simili, nel 1997 ad esempio, ma l’area del Parco e i paesi limitrofi erano rimasti in piedi e erano sopravvissuti, e io ho conosciuto quella terra potendo evitare di associarla costantemente ai terribili terremoti dell’Appennino. Oggi purtroppo non è così, le ferite tremende che hanno sconquassato le montagne recentemente sono ancora tutte lì, paesi interi non esistono più e ora sono transenne, case container, e nel migliore dei casi dei cantieri edili. Ammetto che dopo il 2016 ho pensato di cambiare qualche descrizione per quei luoghi, e anche di introdurre il sisma nel libro, ma poi ho scelto di non farlo perché l’avventura di Sara è in un certo senso fatta di fotografie, e nel caso del Parco non ho voluto scattare una nuova foto che sarebbe stata un’istantanea dolorosa, e da autore non mi sono sentito pronto ad addentrarmi fra le pieghe del disastro naturale e dei ragionamenti politici ed economici sul come e dove ricostruire, temi che francamente richiederebbero altre competenze e un fegato d’acciaio.

Una ragazza nella Natura

Il tuo romanzo potrebbe essere definito come “di formazione”: il viaggio di un’adolescente, Sara, nella natura, lontana dalla civiltà e dal mondo “dei grandi”, è in fondo un viaggio alla ricerca di sé. Sei d’accordo?

Il viaggio di Sara è, in effetti, un viaggio di formazione, anche se, data la sua personalità, Sara non compie un percorso in linea retta, e nemmeno un percorso percettibile da sé.

Perché hai scelto una ragazza e non un ragazzo per raccontare questa storia, a tratti molto intima?

La realtà è che non ho potuto scegliere, Sara è arrivata come un razzo dentro la storia che avrei voluto scrivere, e ovviamente non ho potuto far altro che raccontare di lei. Non ho avuto alcuna possibilità di sottrarmi a questa narrazione al femminile, ma l’ho fatto con piacere.
Ad esser onesti avevo già scritto un romanzo al femminile (Maggie’s Boy, tutt’ora inedito) e credo che sia una questione di fascino e mistero. Sin da ragazzo ho sempre creduto che le ragazze custodissero strane forze interiori che a me erano precluse. La scrittura mi sembra un modo per avvicinarmi al loro mondo, al contrario la narrativa classica e contemporanea sono piene di avventure vissute al maschile e forse non è il caso, per me, di aggiungere altra carta su quel lato del mondo.

Un estratto

Scegli una frase o un breve passaggio del tuo romanzo…

“A scuola valgo zero, non vado male, solo che non si fidano. Mi hanno dato otto in un tema e mi hanno fatto fare il giro della scuola come se avessi vinto l’Oscar. Ma questo è stato in prima media. Ora a stento mi nominano all’appello. Mia madre era l’unica di noi tre che sapeva affrontare il mondo, guadagnare uno stipendio, pagare le bollette e regolare i conti. Mio padre ha il fuoco nelle mani e conosce i mestieri, può fare tutto: il cuoco, il falegname, il muratore, ha la macchina per saldare e gli basta accostare un orecchio al muro per sapere dove passa il tubo che perde. Il punto non è questo. Il vero problema sono le persone dalle quali non gli riesce di staccarsi. Sono loro che lo trascinano nei guai. E infine ci sono io, che a un certo punto sono diventata quella che in paese è meglio far finta di non conoscere.”

… perché proprio questo?

Questo brano può essere considerato il momento nel quale Sara si presenta. Con poche righe descrive sé stessa e la sua famiglia, e noi veniamo a sapere chi è la protagonista: un outcast, un’emarginata figlia di un emarginato. Ma, se posso dire la mia con franchezza, credo che Sara invece rappresenti verosimilmente i ragazzi che abitano i nostri borghi. Nei centri storici le case sono scomode, da rifare, umide o buie, e costano poco, quindi da un lato i paesi finiscono sulle riviste per turisti ma dall’altro se continuano a restare in piedi lo si deve anche alle famiglie di immigrati, o miste come quella di Sara, che non avendo le risorse necessarie per vivere in città accettano di vivere in un borgo, isolati dal movimento cittadino, dalla cultura, dai cinema, dai teatri, e da tutto ciò che la città rappresenta.

L’Italia, la Natura, la vita selvaggia

In un paese come l’Italia, è ancora possibile vivere selvaggiamente?

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno di ritorno alla Natura, direi alla campagna. In Europa questo avviene da molto tempo, ad esempio anche in una metropoli come Londra è possibile entrare in librerie che espongono esclusivamente libri ispirati da storie dei nuovi campagnoli, giovani che hanno abbandonato il consumismo urbano per dedicarsi ad una fattoria biologica o un allevamento di pecore da lana scozzesi o che ne so. Anche in Italia il fenomeno è in aumento, quando ero in Toscana, una decina di anni fa, lì fra quelle colline questa sorta di migrazione al contrario era già in atto. Ora potrebbe essere la volta degli Appennini, ma in ogni caso non stiamo parlando di vita selvatica. Quel tipo di contatto che ha Sara nella sua avventura possono averlo avuto solo gli eremiti. Esistono luoghi quasi inaccessibili agli escursionisti della domenica, ma sono come aiuole fragilissime sparse per la dorsale, basta un piano regolatore sbagliato, una speculazione e puf… un luogo magico può scomparire per sempre.

La Presentazione del libro

Martedì 15 giugno, ore 18.15, Bloom a Terni

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