Intervista a Elisa Campaci
La vetrina di una libreria…
– Partiamo dalla copertina. Che cosa rappresenta per la tua protagonista la vetrina di una libreria?
Un luogo in pericolo, da proteggere, da mantenere ricco di storie nuove perché in questa avventura piano piano si sta svuotando. Febe intuisce che se le vetrine delle librerie sono piene e sgargianti, allora vuol dire che le storie sono libere di circolare e raggiungere tutti. Che tra tanti libri si può ancora scegliere cosa leggere, lasciandosi incuriosire dalla varietà che rispecchia poi la varietà del mondo. E si renderà conto che questo è super importante!
Chi è la protagonista di questa storia?
– Febe è una ragazzina difficile, che dentro di sé cova molta rabbia. Perché?
È arrabbiata perché la morte della madre le sembra un’ingiustizia, perché ha in eredità una sorella che non vuole e che si trova pure a dover accudire. Ma Febe è arrabbiata soprattutto perché si sente incompresa e sola. Perché i grandi non sembrano capire che anche i ragazzi possono soffrire, non danno peso a ciò che prova perché secondo loro tanto poi passa. La sua rabbia comunica proprio questo: ehi, i miei sentimenti sono validi! Le mie emozioni contano! Tuttavia questa rabbia non è solo un’arma di distruzione, diventa uno strumento di creazione: dà a Febe la forza e il coraggio di intraprendere una missione faticosa ma che in qualche modo sente essere necessaria.
L’importanza delle storie…
– Qual è l’importanza delle storie nella “storia” di Febe?
Le storie sono capaci di fare molte cose. A volte non è così semplice accorgersi dei loro poteri, lavorano in silenzio. Febe infatti ci mette un po’ a capirlo, sperimenta nel suo piccolo che una storia può metterci in contatto con qualcuno che è lontano anni luce da noi, come una mamma che non c’è più; può farci vedere la realtà con gli occhi di una persona diversa da noi, scambiarci proprio con un’altra pelle e con un altro cervello (per poi scoprire una verità: non siamo gli unici ad esistere nel mondo); poi può anche farci sentire vicini a qualcuno, come a una sorellina che per quanto diversa da noi, condivide il nostro stesso dolore. Se ci pensate sono poteri incredibili, assurdi. Quasi fantascienza, o forse magia!
– Di cosa sono responsabili i “gattacci”?
I gattacci vanno a caccia di storie per farle sparire! Frugano tra i cassetti degli scrittori per rubare il loro lavoro e fargli fare una brutta fine!
– Raccontaci in che modo Febe inizia a imparare come si scrive una storia…
Febe è vittima del famoso panico da foglio bianco, è convinta di non avere niente da dire e che scrivere non faccia per lei. Nonostante questo, determinata com’è, non si scoraggia: prima chiede consiglio a uno scrittore famoso, poi si affida alle lezioni di scrittura creativa di un bizzarro studente universitario, Olmo. Bizzarre sono anche queste “lezioni” che inizialmente consistono in giri in bicicletta per la città. Febe ancora non sa che le storie sono ovunque! Basta tenere gli occhi aperti e raccogliere immagini e personaggi da unire poi con verbi, articoli e aggettivi. Guardarsi intorno è un po’ come fare la spesa, un ottimo punto di partenza per cucinare qualcosa di prelibato!
L’inizio del viaggio nella scrittura
– Come è diventata scrittrice Elisa Campaci?
La scrittura in qualche modo si è sempre infilata in quello che facevo, poi inventando storie con i bambini mi sono resa conto che tra i giochi che facevamo nasceva qualcosa che non poteva andare perso. Che andava condiviso, perché era divertente, tenero, complicato, perché racchiudeva qualcosa di piccole menti che si fanno strada. Cosi l’ho scritto.
– Quali sono i tuoi autori e le tue autrici di rifermento?
Mi sento affine al limpido umorismo degli scrittori del nord come Astrid Lindgren e Ulf Stark. Agli scrittori per cui la scrittura è un gioco: George Perec. A quelli in cui i bambini e le bambine hanno tutta una loro dignità: Elsa Morante e Daniel Pennac. E infine ci metto un poeta: Umberto Saba, quello delle piccole cose oneste.
Un passaggio del libro importante…
– Scegli una frase, un breve passaggio del tuo libro…
“[Gli scrittori] non sono creature riconoscibili a occhio nudo, ci vogliono anni e anni di esperienza per scovarli tra gli scaffali del supermercato. Come se non bastasse, non esiste nemmeno un parco zoologico degli scrittori o qualcosa del genere, nessuna etichetta identificativa tipo:
‘Rarissimo esemplare di scrittrice-mannara, di giorno scrive poesie, di notte organizza zombie-party, ama abbellirsi con brandelli di cervello. Se ne possiedi uno, gira alla larga.’
Niente: ‘Non dare da mangiare a Fluffy scrittore-lingua-biforcuta, nato in natura, corrotto dai cornetti alla crema. Settantasei chili (per ora).’
Sono proprio liberi, allo stato brado.”
– … come mai proprio questo?
Abbiamo parlato di scrittori e Febe ha ragione: sono proprio allo stato brado, si mimetizzano nell’ambiente, anche loro a caccia di storie selvagge. Uno scrittore non si riconosce a occhio nudo, può essere chiunque perché chiunque può avere qualcosa da dire e da raccontare.
Febe e i gatti ruba storie
di Elisa Campaci – illustrazioni di Roberta Procacci
Scovare la storia giusta è come acchiappare un gatto!
Sarà davvero così? Febe ne dubita ma, quando il foglio su cui ha scritto il suo primo racconto viene rubato proprio da un gatto, comincia a ricredersi…