Blog Dalia su Interviste Libri
Pubblicato in data sabato, Nov 23

Intervista a Stefano Etzi

“Tante piccole cose” è la storia di una strage famigliare. Daniele Masala, uomo incolore,  servile, poco più di un’ombra nei ricordi dei vecchi compagni di scuola e dei vicini, massacra i suoceri e la moglie in un giorno di sole. Il tuo romanzo, finalista al prestigioso Premio Italo Calvino, è stato giudicato capace di prendersi gioco dei luoghi comuni. Quali sono i luoghi comuni che la tua scrittura prende di mira e in cosa risiede il “grottesco” della condizione umana che descrivi?

S: Be’, sono i luoghi comuni classici, ad esempio quello della famiglia come isola felice, un porto sicuro rispetto ai mali del mondo. In realtà sappiamo che non è per niente così: la famiglia è il luogo in cui accadono le peggiori nefandezze, basti pensare alla violenza sui bambini o sulle donne. Ora non ho statistiche sotto mano, ma mi pare di ricordare che sia abbastanza raro subire violenza da parte di perfetti sconosciuti. Spesso ci preoccupiamo di individuare il male in un nemico esterno e non ci accorgiamo che l’uomo nero è in casa, sotto le affabili spoglie del padre, della madre, del fratello, del nonno, della zia, dei cugini… Lungi da me pensare che tutte le famiglie siano incubatrici di violenza, però ogni volta che sento parlare di valori della famiglia, famiglia tradizionale, famiglia di una volta, io mi preoccupo. Se ci pensiamo un po’ – e senza arrivare alla strage o comunque alla violenza fisica – quante famiglie si basano sulla sopraffazione e annichiliscono gli individui? Penso ai padri che portano a giocare i figli a tennis sperando che diventino i prossimi Federer, alle madri che fanno a gara di voti nelle chat di classe, alle mogli che annientano psicologicamente i mariti costringendoli a seguire i loro passatempi, ai mariti che fanno una testa così alle mogli perché all’ultima spesa hanno preso quel taglio di carne invece di quell’altro… In questo senso credo che si possa parlare di grottesco: passiamo un sacco di tempo a fare cose che non vogliamo fare, occupati in faccende di cui non vorremmo avere l’incombenza, solo perché ci sentiamo obbligati a farle, complicandoci sempre di più la vita.

Tante piccole cose racconta la storia di Daniele Masala: una vita senza qualità e senza coraggio, trascinata nel solco delle scelte compiute da altri, un passato di sopraffazione e umiliazione e la svolta in un’esplosione di inconcepibile violenza. Daniele Masala è un assassino, è lui che ha ucciso la moglie e i suoceri e questo il lettore lo scopre dalle prime pagine del romanzo. Ma Daniele Masala è anche colpevole verso sé stesso?

S: Certo che è colpevole verso sé stesso, se non del tutto, in buonissima parte. Accetta una ragazza che non gli piace, pur di poter dire oggi esco con la mia ragazza; si dà anima e corpo ai suoceri pur di essere accettato; china la testa e subisce ogni decisione della fidanzata, prima, e della moglie, poi, rinunciando a esprimere il proprio punto di vista, convinto che quello sia il modo più semplice per sopravvivere. È colpevole, dunque, di non avere mai nemmeno provato a cambiare le cose. Come dicevano gli antichi: homo faber fortunae suae. Daniele Masala è l’artefice del proprio destino, almeno nei limiti di quanto ci è possibile controllarlo, ed escludendo dunque l’imponderabile.

La vicenda di Daniel Masala si frammenta attraverso le parole di tutti quelli che lo hanno conosciuto, vecchi compagni di scuola e vicini di casa. Che valore hanno a queste voci nel romanzo?

S: Mi piacerebbe dire che non hanno nessun valore, ragionando in termini etici, se mi si passa il termine, mentre spero ne abbiano tantissimo da un punto di vista narrativo. Sono chiacchiere di paese, parole al vento, riflessioni e ricordi buttati lì, ragionamenti come quelli che facciamo ogni volta che ci arrischiamo a parlare di ciò che non conosciamo. Ho voluto contrapporre le parole di Daniele Masala, i suoi ricordi, le motivazioni che lo hanno spinto ad agire, insomma, i fatti e le idee che in qualche maniera costituiscono la verità, alle chiacchiere di tutti coloro che lo hanno conosciuto, nel tentativo di scomporre la realtà e renderla inafferrabile. Le voci corali di Tante piccole cose sono le voci di chi non sa niente, ma parla comunque; sono l’equivalente delle interviste ai passanti in strada: parole inutili, eppure onnipresenti.

Chi è Daniele Masala?

S: Daniele Masala c’est moi, ovviamente, ma c’est anche toi e tutti gli altri. Daniele Masala siamo noi quando ci impelaghiamo in cose che non vogliamo fare: una cena a cui preferiremmo non partecipare, una partita di calcetto che vorremmo saltare, la cresima del figlio di tuo fratello che non te ne importa nulla ma sei costretto ad andare, un regalo che non vorremmo ricevere per non essere costretti poi a ricambiare… Tutti i giorni, più volte al giorno, siamo obbligati ad accettare compromessi a casa, al lavoro, con gli amici e c’è chi sostiene che diventare grandi – essere adulti – significhi proprio saper accettare questi compromessi, farli propri, in modo da poter continuare con un’esistenza tutto sommato tranquilla. Ovviamente non tutti noi siamo costretti a sopportare un livello di angherie come quello a cui era sottoposto Daniele Masala – magari c’è chi ha la moglie ducetta ma il suocero tanto caro, oppure chi ha un lavoro orrendo ma una famiglia splendida – né aspettiamo di scoppiare prima di cercare di cambiare le cose.

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